DARIOVATTAARCHITETTO
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2004 - 2007  Complesso Palazzo Moro di SanTernita
Mestre Venezia, Italia
traspCamp010807 0064.jpgCamp010807 0098.jpgCamp010807 0034.jpgCamp 010807 0131.jpgavanti
Complesso Palazzo Moro di SanTernita
Luogo:
Mestre Venezia
Cliente:
Veneta Immobiliare srl, Les Alpes srl
Progettisti:
Arch. Giovanni Caprioglio, Arch. Dario Vatta
Interiors:
Arch. Filippo   Caprioglio,  Arch. Dario Vatta
Design team:
Workshop srl
(collaboratori: B. Brigo, M. Mattana, S.Mazzetto, G. Sciacoviello, S.Stoppani)
Partner:
Ing. Giovanni Cocco (strutture)
Ing. Flavio Zuanier (impianti)
General Contractor:
Mark Color Spa
Foto:
Paolo Monello
Dati dimensionali:
1.417 mq   4.426 mc


Il recupero del cinquecentesco compendio del Palazzo Moro di Santernita e delle relative pertinenze, costituisce un significativo esempio di riqualificazione di una delle parti più antiche del centro storico di Mestre, lasciate per decenni in grave stato di degrado ed oggetto nel tempo di numerose superfetazioni e trasformazioni incongrue.
Il complesso si articola in tre episodi di varie epoche, testimoni ed emblematici delle trasformazioni del tessuto edilizio all’interno dell’area del Castelnuovo e del rapporto con la quinta edilizia di Via Palazzo,  asse centrale del castello.
L’intervento è stato attuato tramite Piano di Recupero di iniziativa privata che ha individuato tre unità minime
d’intervento aventi differenti modalità di conservazione  e di trasformazione,  ripristinando altresì l’originaria
funzione residenziale:
restauro conservativo del Palazzo Moro di San Ternita, edificio di valore storico monumentale vincolato ai sensi della Legge 1089/1939 (unità minima d’intervento n. 1);
ristrutturazione con vincolo parziale di edificio di valore storico testimoniale di formazione novecentesca (unità minima d’intervento n. 2);
nuova edificazione previa demolizione delle unità edilizie non originarie (unità minima d’intervento n. 3).

Unità Minima d’Intervento n.1
La compagine esterna dell’edificio, ed in particolare quella che si allinea sul fronte fabbricativo di Via Palazzo rimasto tale sin dall’originario impianto medioevale, appare in fogge compositive ed architettoniche risalenti al  XVI° secolo.
L’impianto tipologico dell’edificio è quello consueto di tipo veneto degli edifici commerciali e residenziali inseriti nelle aree centrali della città.
Il  piano terreno è caratterizzato da un ampio porticato con tre fornici ad arco arcuto, l’impianto originario prevedeva una tripartitura dello spazio interno, persa in epoca novecentesca con l’eliminazione del muro di spina sostituito da una coppia di eleganti pilastrini in ghisa.
Il primo piano consente la lettura dell’impianto originario con “portego” centrale; il secondo piano, rispetta la tripartitura inferiore, ponendo in comunicazione lo spazio centrale con quello laterale a nord, attraverso ampi archi a tutto sesto che denunciano l’antico uso a deposito.
Gli orizzontamenti lignei presentano interessanti impalcati con travi in legno squadrate alla “Sansovino” e falso cassettonato, ottenuto con listelli, secondo la tipologia dei  solai propri del XVI° secolo.
La partitura della facciata è caratterizzata da tre fornici archi acuti al piano terreno, da un ordine di finestre ad arco a tutto tondo, con trifora centrale di tipo serliano al primo piano e da un ultimo ordine di aperture con architrave, leggermente voltato, al secondo piano.
Della facciata originariamente affrescata  sono rimasti limitati lacerti e flebili tracce di cromia, in particolare ancora rilevabili nel sottogronda e sotto i davanzali.
L’intervento di risanamento conservativo, condotto sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza, è stato eseguito  tramite l’applicazione di corrette tecniche di indagine e di restauro.
Le operazioni di risanamento e restauro hanno consentito di recuperare quasi totalmente la struttura lignea originaria integrandola dove le travi risultavano del tutto ammalorate; i pavimenti  originari in battuto di calce e graniglia, sono stati  del tutto recuperati, negli alti locali sono stati riproposti per lo più con medesima tipologia. Gli intonaci originari sono stati integrati con caratteristiche analoghe (calce aerea e sabbia di campo, eseguito a mano tonda, lisciato e scialbato).
Nella facciata principale sono stati consolidati i lacerti degli affreschi originari; il rimanente intonaco  privo di cromie, dove decoeso, è stato rimosso e ricostituito a calce con  sabbia lavata di fiume (sabbia Erega).
La riorganizzazione funzionale e distributiva dell’edificio mantiene in essere i divisori originari e rispetta il suo impianto tripartito.
All’ultimo piano è stato realizzato un soppalco avente solai e parapetti in vetro al fine di mantenere inalterata la percezione dello spazio e della copertura lignea.


Unità Minima d’intervento n.2
Il progetto ha previsto la riorganizzazione in un’unica unità di due manufatti adiacenti di origine novecentesca di valore storico-testimoniale,  aventi caratteri stilistici  semplici quanto precisi, ancora rilevabili all’esterno e  pesantemente manomessi e trasformati all’interno.
L’edificio è riorganizzato su tre diversi livelli (interrato, piano terra e piano primo) comunicanti attraverso una scala vitrea.
Un disimpegno-serra, realizzato in vetro ed adiacente alla facciata posteriore del palazzo Moro, introduce direttamente al soggiorno e al cortile interno.
Al piano terra l’ ampio soggiorno  si contrappone ai locali di servizio dislocati nel corpo di fabbrica più piccolo posto ad ovest. Al piano primo la zona notte  e suddivisa in  due zone funzionali distinte (area padronale, area figli) collegate tra loro tramite una passerella in vetro che attraversa il soggiorno a doppia altezza.
In fregio al alla scala principale è disposta una piccola scala che conduce al soppalco  che si affaccia sui locali sottostanti: l’introspezione è evitata con l’adozione di divisori vetrati stratificati dotati di interposte pellicole a cristalli liquidi che si opacizzano, quando necessario, tramite impulsi elettrici.
All’interno dell’unità edilizia sono stati utilizzati sofisticati sistemi di domotica per la gestione delle funzioni domestiche.
Diffuso l’uso del legno, esteso sia nella strutture orizzontali, nei pavimenti, nei serramenti e nei numerosi arredi fissi attrezzati.
All’esterno sono stati conservati e recuperati  i caratteri stilistici  originari dei due corpi di fabbrica, propri dell’edilizia del primo novecento (mensole di gronda, davanzali sagomati, partiture e registri forometrici); le murature sono state trattate a calce rasata, i serramenti sono stati realizzati in legno spazzolato.
L’intero cortile interno, protetto da un pergolato metallico, è stato rivestito con lastre di trachite euganea.

Unità Minima d’intervento n.3
I volumi preesistenti edificati senza regole ed in forme frammentarie sono stati demoliti, l’impianto del nuovo edificio articola i volumi secondo i criteri morfologici degli edifici circostanti ma denunciandone la modernità attraverso alcuni accorgimenti distributivi, la scelta dei materiali e delle finiture.
Il fabbricato è composto da due corpi di fabbrica principali, paralleli al Palazzo Moro, connessi tramite un corpo di fabbrica più basso che determina una piccola corte interna.
L’edificio è organizzato su tre diversi livelli.
L’uso dei materiali è stato calibrato ed attento al contesto in cui si è inserita la nuova edificazione: le murature sono rivestite con lastre di cotto, le coperture in lastre di lega di rame-zinco- titanio; per le forometrie, risolte per lo più con serramenti a bow-window a doppia altezza, sono stati adottati profili metallici con superficie spazzolata.
La corte interna, che si apre visivamente sulla piazzetta Giordano Bruno, è stata ridisegnata come uno spazio semipubblico lastricato con  trachite euganea  ed il cui elemento focale è costituito da una canna in mattoni del pozzo rinvenuto dagli archeologi incaricati delle operazioni di scavo. In accordo con la Soprintendenza B.B.A.A. i pozzali in laterizio che la componevano sono stati  accuratamente  numerati, smontati, ripuliti e ricollocati,  con un’ operazione di anastilosi, ad una quota più  elevata. Per la formazione del relativo legante, sono state utilizzate le antiche calci rinvenute all’interno del pozzo.